20 Dic 2021

I confini della vita

Forse pochi periodi più di questo (almeno per noi, europei occidentali, che grazie al cielo, non ricordiamo il tragico frastuono della guerra) ci hanno posto di fronte il pericolo quotidiano di essere colpiti e di morire.
Il nostro avversario, il nostro nemico, è silenzioso, invisibile, eppure non meno letale della pallottola del cecchino che arriva improvvisa. Ci siamo abituati (non è così?) al quotidiano bollettino dei morti. Arriviamo a tirare un sospiro di sollievo perché “oggi sono stati solo 71…”.

Eppure anche in questo periodo, proprio in questo periodo, tra mascherine e preoccupazioni, torna ad accendersi la luce del Natale
Della nascita, cioè.

Nascere e morire: i confini inevitabili della vicenda umana.
E allora fermiamoci un istante a pensare, oscillando tra l’uno e l’altro.
Sarebbe affascinante, giunti alla fine dei nostri giorni, poter dire:

“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire.”

(Rutger Hauer in Blade Runner)

Più concretamente il problema per noi è di dare luce alla giornata, ai nostri gesti, allo svegliarsi al mattino e al lavorare, al tirare su i figli e a chiamare l’idraulico. 

La vita è questo, con tutta la straordinarietà del quotidiano, l’eccezionalità del consueto.

Scriveva Marcello Marchesi, un umorista del secolo scorso:

“L’importante è che la morte ci trovi vivi.”

Insomma non si tratta di quanto lunga e baciata dal successo sarà la vita, ma di quale senso si riempirà ogni istante.

“Oddio, c’è una tale sproporzione tra la dolcezza con la quale si nasce e la fatica con la quale si muore! Nascere è quattro strilletti sani e gioiosi, morire è tragedia. Si dovrebbe almeno morire con la stessa dolcezza e incoscienza con la quale si nasce… Forse sarebbe più giusto nascere vecchi e morire bambini.”

Queste meravigliose parole le pronunciò Anna Magnani, una delle più grandi attrici italiane, intervistata da un’altra grande donna, Oriana Fallaci.

“Morire bambini…” riecheggia, quasi specularmente, l’invito di Gesù a Nicodemo, no? Quell’uomo saggio non poté nascondere un moto di incredulità di fronte all’invito del Maestro. Eppure…

I Re Magi, secondo Thomas Stearns Eliot, al termine del loro lungo e pericoloso viaggio, di fronte al bambino adagiato nella mangiatoia, considerarono:

“Ci trascinammo per tutta quella strada per una Nascita o una Morte? Vi fu una Nascita, certo, ne avemmo prova e non avemmo dubbio. Avevo visto nascita e morte, ma le avevo pensate differenti; per noi questa Nascita fu come un’aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte.
Tornammo ai nostri luoghi, ai nostri Regni, ma ormai non più tranquilli, nelle antiche leggi, fra un popolo straniero che è rimasto aggrappato ai propri idoli.
Io sarei lieto di un’altra morte.”

Ecco, in quella notte vita e morte si incontrarono in modo prodigioso, si cristallizzarono in un istante formidabile che tagliò a metà il tempo. Tutto ciò che prima era accaduto era come un viaggio verso di esso. E da esso prese il via quello che doveva accadere.

È ciò che canta in modo commovente la Kalenda di Natale, l’inno che la liturgia propone come annuncio di quell’istante atteso.

“Trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo, quando in principio Dio creò il cielo e la terra e plasmò l’uomo a sua immagine; e molti secoli da quando, dopo il diluvio, l’Altissimo aveva fatto risplendere tra le nubi l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace; ventuno secoli dopo che Abramo, nostro Padre nella fede, migrò dalla terrà di Ur dei Caldei; tredici secoli dopo l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè; circa mille anni dopo l’unzione regale di Davide; nella sessantacinquesima settimana secondo la profezia di Daniele; all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade; nell’anno settecentocinquantadue dalla fondazione di Roma; nel quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto, mentre su tutta la terra regnava la pace, Gesù Cristo, Dio eterno e Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua piissima venuta, concepito per opera dello Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo: Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la carne.”

Auguri a tutti.