24 Mar 2021

L’imprevisto

Apri per qualche motivo la galleria del cellulare e ti capita sott’occhio un’immagine delle ultime vacanze, quella in cui siete in tanti, vicini vicini, sorridenti. Senza mascherina. 

E ti chiedi: ma come è successo? Come è successo che ci siamo abituati a tutto questo? Come è diventato automatico che, uscendo di casa, puoi dimenticare tutto, le chiavi dell’auto o lo zainetto, ma non la FPP2? Come si insinua quella sensazione di disagio, quando ti sorprendi col volto scoperto, nudo, indifeso? 

Un essere che si adatta a tutto: ecco, forse, la miglior definizione che si possa dare dell’uomo.”

L’ha scritto Dostoevskij. 

Ci siamo adattati davvero a tutto, con una scioltezza che non sospettavamo di avere. 

Un anno (un anno!) di varie sfumature di rosso ha ridisegnato il nostro vivere abituale, portandoci, tra le altre cose, a considerare un privilegio spostarsi nel comune vicino, a ritenere avventuroso e rischioso un viaggio nella regione confinante. Qualcuno, disperato, è arrivato a correre la maratona attorno al tavolo del soggiorno. Il nostro atlante geografico si è ridotto a essere misurato in metri. La cosa triste è che tutto sommato sembra bastarci. 

Poi salta fuori un tale, un vecchio vestito di bianco, che, pur zoppicante, balza sull’aereo e intraprende un viaggio di più di seimila chilometri (distanza aerea Roma-Erbil km 2779,91; distanza stradale km 4068,04, per dire). 

Un viaggio, potremmo dire, oltre i confini. Quelli geografici, ma anche quelli politici, culturali, religiosi. Un viaggio più pericoloso di quello di Colombo, di Lindberg, di Armstrong. 

Troppa enfasi? Può darsi. Ma giusto un viaggio così può scompaginare il nostro atlante ridotto e farci sognare un orizzonte adatto al nostro desiderio. 

Non ci addentreremo in un’analisi teologica o spirituale del viaggio di papa Francesco in Iraq. Altri potranno farla meglio di noi. Vogliamo limitarci a un modesto appunto sul suo valore simbolico. 

Il viaggio, il viaggio per se stesso è già significato e segno in grado di far vibrare e innalzare il nostro spirito.
È immagine e sostanza allo stesso tempo. È in ugual misura progetto e azzardo, calcolo e sfida. 

Chissà quanti collaboratori, sicuramente animati dalle migliori intenzioni, hanno tentato di dissuadere papa Francesco dall’intrapresa. “Non ora, Santità… Non proprio lì…” E lui, con la testardaggine e la risolutezza che solo i vecchi e i bambini (e i santi) possono permettersi, a dire “no no, è proprio ora il momento giusto ed è proprio lì che sono chiamato”. 

Così ci va, in Iraq. Dove hanno innalzato altari tra le macerie, dove hanno steso tappeti sulle buche delle bombe appena rattoppate. 

E parla. Ha detto tante cose, il Papa. 
Ha detto, tra l’altro:

La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare e non possono migrare perché il mondo non ha ancora preso coscienza che la migrazione è un diritto umano.” 

Migrare. Viaggiare. Non per diporto, ma per bisogno. Non per il viaggiare fine a se stesso, ma perché c’è una meta, magari incerta e solo intuita, da raggiungere. Un luogo che, solo, possa davvero meritare il nome di casa. 

Sempre devi avere in mente Itaca, raggiungerla sia il pensiero costante.” 

(Itaca, Kostantinos Kavafis) 

Migrare. Viaggiare. Ché i nostri giorni assomigliano sempre un po’ a quel tale che “scruta gli orari, le coincidenze, le soste…” che controlla “valige e passaporti… corredo… lamette da barba”. E che poi si ferma un istante, la valigia chiusa sul letto, e pensa: 

E ora che ne sarà del mio viaggio? Troppo accuratamente l’ho studiato senza saperne nulla. Un imprevisto è la sola speranza.” 

(Prima del viaggio, Eugenio Montale) 

Migrare. Viaggiare. Il pellegrinaggio di papa Francesco ha qualcosa a che fare con la categoria dell’imprevisto. Pur preparato con accuratezza, ci dà l’idea di aver superato di schianto le nostre mille doverose cautele, per affidarsi a una misteriosa categoria superiore, là dove sta Colui di cui ci si fida e a cui ci si affida. 

Ché l’imprevisto accaduto duemila anni fa, non troppo distante dalla terra irachena, continua a riaccadere oggi con la stessa novità. 

E supera frontiere, abbatte steccati, spalanca orizzonti e traccia sentieri. 

Rende vicine e familiari le strade di Erbil. 

E nuove e luminose le nostre strade quotidiane. 

Buona Pasqua.